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La musica in Valle d'Aosta: quadro storico

di Alexis Bétemps

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Poco si sa a proposito dei repertori musicali antichi. È probabile che fossero presentati canti secondo il modello di Torino o Parigi, soprattutto in francese, a volte in italiano e, senza dubbio anche in piemontese. Sarà solo con lo Charaban che ci si sforzerà di valorizzare i canti in patois.
Sfortunatamente, la storia della canzone in patois in Valle d'Aosta è lacunosa e relativamente recente. I testi antichi in francoprovenzale valdostano sono rari. Le prime raccolte, intraprese da Favre e Tibaldi alla fine del XIX secolo, lo confermano. Cerlogne stesso ci segnala che La fenna consolaye era cantata all'epoca di suo nonno, dunque all'inizio del XIX secolo... ma sarà lui stesso a adoperarsi per arricchire il repertorio con alcuni canti di sua creazione.

Canti nuovi sono andati ad aggiungersi al repertorio esistente attraverso diverse strade: possiamo immaginare che le fiere e i mercati siano stati occasioni eccellenti di scambio musicale. Dopo un buon affare, un bicchiere di vino e una bella canzone potevano suggellare la patse[i] e gli artisti di strada non dovevano mancare in occasione di così grandi riunioni di persone. In Valle d'Aosta, terra di passaggio, gli incontri con i viaggiatori e i pellegrini non erano arri. I valdostani stessi, come la maggior parte delle popolazioni alpine, si trasformavano in viaggiatori: emigravano per lunghi mesi per esercitare il loro mestiere (spazzacamini, boscaioli, muratori, sabotiers, cardatori di canapa, addetti alla cottura del mosto, maestri ecc.) e, quando rientravano a casa, con il loro piccolo gruzzolo, portavano con sé anche nuove melodie.[ii]

I primi canzonieri valdostani pubblicati non riportano quasi mai canzoni in patois[iii]. Sarà ancora una volta Willien, con qualche amico, che riunirà i canti in francoprovenzale della tradizione.[iv] A partire da qui, in questo campo, le cose cambiano rapidamente. Nel 1951 debuttano le Floralies [v], incontri annuali delle corali valdostane che propongono al pubblico, sempre numeroso, una parte del proprio repertorio che attinge alla tradizione, ma che è anche integrato da canti nuovi, soprattutto in patois. La manifestazione è registrata e, in parte, pubblicata, fatto che rende disponibili nuove fonti al pubblico e a chi ama cantare in compagnia. Naturalmente, non tutti i canti proposti diventano popolari. Per alcuni si essi invece - si pensi soprattutto alle canzoni di Pignet e del canonico Jean Domaine - il successo è straordinario, al punto che saranno cantati in diverse occasioni, come canti folkloristici, senza che ci si accorga che si tratta di brani composti da autori contemporanei.

Verso la fine degli anni '60, con la diffusione della televisione, si assiste al trionfo del rock and roll, poi dei cantautori, dei Beatles e una certa disaffezione per il canto tradizionale tocca le giovani generazioni. Una nuova idea, poco a poco, si sviluppa negli ambienti più sensibili. Perché non fare canzoni moderne in patois, come integrazione e aggiornamento della tradizione, nelle quali la gioventù possa riconoscersi? I modelli sono i cantautori del momento, francesi e italiani. E, per Magui Bétemps (1947-2005) [vi] sono soprattutto quelli che declamano le problematiche delle minoranze linguistiche: il catalano Llac, l'occitano Marti, dal Québec Gilles Vigneault, Robert Charlebois e Felix Leclerc, il basco Imanol, i bretoni Servat e Glenmoor, l'alsaziano Siffer... Il banco di prova per questa nuova avventura è, ancora una volta, il teatro dialettale. Tra il 1971 e il 1972, Magui Bétemps, con Graziana Loro-Piana di Saint-Pierre alla chitarra e Pierre Aymonod al flauto traverso, presenta le prime canzoni "moderne" (in francese) durante gli intermezzi degli spettacoli della compagnia teatrale di Saint-Pierre. Nell'autunno del 1974, nasce a Châtillon un gruppo teatrale. Prende il nome dal Centro culturale che ne è stato all'origine: La Veillà. Magui è tra i fondatori e partecipa alla redazione corale delle prime opere. Scrive, inoltre, le canzoni che devono commentare la conclusione di ogni piccolo sketch: Pappa Gran, Djodjé lo pion, Pèina é radze di Valdotèn [vii], La réserva. Tuttavia Magui non canterà per La Veillà: una gravidanza difficile la obbliga a letto e sarà sostituita da Maura Susanna. È così che inizia, all'ombra del teatro popolare, il percorso di questa cantante straordinaria che contribuirà in modo determinante alla popolarità delle canzoni di Magui e della canzone francoprovenzale. Nello stesso periodo, alcune settimane prima o alcune settimane dopo di Magui - non lo sapremo mai probabilmente (e poco importa) - Luis de Jariot di Ayas compone le sue prime canzoni in patois. Le presenta al pubblico per la prima volta in occasione di un recital organizzato da Arpitania al collegio Gervasone nel 1975. Jariot debutta sul palco dove La Veillà recita e replica. Magui e Luis non si conoscono e sarà solo dopo molti mesi che avranno l'occasione di incontrarsi. Bisogna pensare che l'idea di una canzone valdostana "impegnata" è nell'aria e aspetta soltanto il passaggio della persona giusta, cosa che a volte accade. Magui smetterà di cantare nel 1977, mentre Maura e Luis proseguiranno con successo il lor cammino artistico. Luis, nato come cantore dell'Arpitania[viii], diventa rapidamente il cantore patoisant più popolare in Valle d'Aosta.

Dal canto suo, Enrico Thiébat (1949-1992) cuore generoso, anarchico, cabarettista talentuoso e pieno di spirito, menestrello irriverente, aveva composto canzoni satiriche in patois, accanto a testi in italiano e in francese. Scomparso tragicamente, ancora giovane, il suo ricordo è conservato gelosamente dai suoi numerosi amici e ammiratori.

I Trouveur Valdotèn nascono verso al fine degli anni settanta intorno alla famiglia Boniface e si presentano con un recital di canzoni di Magui. Si rinnoveranno a più riprese e intraprenderanno il cammino della ricerca musicale che li farà conoscere anche a livello internazionale. Il loro repertorio attuale è fatto di canti e di musiche della tradizione alpina. Nello stesso periodo, Cesare Marguerettaz inizia un'attività musicale che maturerà, attraverso diverse esperienze, un interesse per le canzonette e le filastrocche infantili in patois.[ix] La prima ondata di cantanti francoprovenzale si ferma qui. Bisognerà aspettare gli anni novanta perché altri cantanti si aggiungano. Nel 1995, Christian Sarteur, aderente al movimento degli Indépendantistes Valdôtains, di Ayas come Jyaryot, pubblica Val d'Aohta libra, raccolta di canzoni politiche. Si inserisce, dunque, nel filone di Luis e di Magui. Bisognerà attendere il nuovo millennio perché una nuova cantante in patois si presenti sulla scena valdostana: Yvette Buillet, figlia di un commediante della compagnia di Introd che ha dato molto al movimento teatrale valdostano. Yvette comincia a cantare attorno al 2007. scrive le sue canzoni in patois e tratta argomenti valdostani moderni, anche in rap.

Tradotto da : Bétemps Alexis, « Le Théâtre et la musique », TRENT'AN de PRINTEMPS é TAN d'ATRO, Musumeci S.p.A., Quart, 2010.

[i] Contratto, affare.
[ii] Bétemps Alexis, Hommage à la Kinkerne, in « Nouvelles du Centre d'Études francoprovençales René Willien », n° 51, 2005.
[iii] Nel 1912 : Chansonnier Valdôtain, pubblicato dalla Ligue valdôtaine ; 1932 : Trèves Joseph, Valdôtains, chantons ! ; 1949 : Berthet Aimé, Chansonnier Valdôtain.
[iv] Pignet Amédée, Vuillermoz Luigi, Willien René, Valdotèn, tzantèn !, ITLA, Aoste, 1957.
[v] Nate come Concorso regionale di Canto corale, le Floralies hanno cambiato più volte nome. Ormai sono una grande manifestazione che riunisce, durante diversi giorni, migliaia di persone.
[vi] Maria Rita Maquignaz, il suo vero nome. All'epoca , prima della riforma dello stato civile, le donne sposate erano conosciute unicamente con il nome del marito, da qui Magui (come aveva cominciato a chiamarla affettuosamente Pierre Grosjacques) e Bétemps, il suo cognome da sposa.
[vii] E la traduzione in patois di Châtillon di una poesia del poeta cileno Pablo Neruda.
[viii] Il movimento Arpitano pubblica anche i testi delle sue canzoni : di Jariot Luis, Li canson de nohtro peplo, 1976..
[ix] Laripionpion, Assessorato Istruzione e Cultura, 2009.